L'intervista

Buongiorno,

confesso di aver provato una discreta dose di irritazione davanti all'intervista rilasciata a Repubblica da Matteo Renzi dopo un periodo di silenzio mediatico, irritazione dettata da contenuti peraltro piuttosto scontati e prevedibili.

Ancora una volta, prevedibilmente, vedo ribadire il concetto che l'errore principe che Renzi si rimpovera è l'essere stato incapace di comunicare adeguatamente i contenuti delle riforme, non certo i contenuti delle stesse.

Ancora una volta leggo la vacua vanteria dell'essere stato quello che ha dato le dimissioni in un  Paese dove le si annunciano e basta, dimenticando, per ironico esempio, che lo fece anche D'Alema (1). E omettendo che, proprio come fece D'Alema, adesso Renzi stesso cerca un modo per continuare a restare in politica dopo le dimissioni, ripartendo dalla segreteria del PD e da un governo fotocopia.

Ancora una volta ritrovo l'incrollabile certezza che quanto è stato fatto  fosse quello che serviva al Paese, senza se e senza ma, compreso il ricorso a toni denigratori nei confronti di chi dissentiva.

E, purtroppo, trovo la convinzione che il 41% dei votanti che avevano apposto la croce sul sì sulla scheda referendaria siano per vari motivi (coesione, determinazione, volontà di innovare,...) migliori del resto degli Italiani, la cui opinione evidentemente conta meno.

Quello che non trovo, invece, è una riflessione sui risultati (troppo spesso esangui) delle riforme già messe in campo, oppure sull'opportunità della scelta di circondarsi di determinati personaggi latori di conflitti di interesse.

Non trovo cioè alcuna autocritica, e non è certo un buon punto di (ri)partenza.

Ciao

Paolo

(1) Anzi, D'Alema dopo la sconfitta alle Regionali si dimise anche da Segretario del Partito

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