Globalizzazione si, globalizzazione no

Buongiorno,

trovo seccante dover riconoscere al rozzo Donald Trump un merito già nelle primissime ore del suo mandato, anche se si tratta di un merito che va sicuramente al di là dei suoi meriti e delle sue intenzioni: quello di aver riaperto gli occhi e le valutazioni su quei processi di globalizzazione che sino ad oggi sono stati lasciati liberi di procedere, affidati sostinzialmente agli animal spirits della grande finanza nell'incrollabile certezza che fossero sempre e comunque un bene per l'economia e l'umanità..

Certezza che in realtà mi pare abbia spesso i connotati fideistici dell'ideologia almeno quanto il protezionismo che Trump sembrerebbe voler opporre a questo trend ultradecennale brandendo lo slogan "Buy American, Hire American".

Ricorderete probabilmente come, a chi segnalava la distruzione di posti di lavoro e redditi nei Paesi occidentali conseguente allo spostamento delle produzioni in Paesi meno sviluppati, si opponesse sempre l'arma assoluta, cioè l'andamento positivo della crescita del PIL mondiale, il che era come dire che quanto veniva tolto in un posto veniva maggiorato e restituito altrove.

Il problema è che questo pseudo ragionamento nascondeva numerose falle su cui peraltro non si è mai voluto concentrare uno sguardo critico:
  • in primo luogo è tutto da dimostrare (e personalmente ritengo falso) che il modello economico possa essere l'unico responsabile di un trend economico: ad esempio sono certo che i fenomeni di innovazione tecnologica abbiano impatti significativi se non addirittura preminenti nel determinare la crescita di un economia
  • secondariamente è evidente che parte molto ampia della crescita economica mondiale negli ultimi decenni si è concentrata in Stati quali la Cina, l'India o il Brasile, cioè Stati che hanno beneficiato dell'apertura dei confini ai loro prodotti da parte del resto del mondo e di notevoli investimenti nazionali e stranieri, ma che, come ben sanno gli imprenditori nostrani che vogliono esportarvi i propri prodotti, non sono esattamente screvi da politiche protezionistiche, anzi. Quindi direi che è scorretto attribuire la loro quota di crescita economica alla globalizzazione, cui hanno partecipato solo limitatamente alla parte positiva, senza sobbarcarsene i costi
  • ancora, parte molto ampia della crescita economica mondiale negli ultimi decenni si è concentrata nei patrimoni di un numero molto limitato di persone, magari non nei termini eclatanti con i quali la cosa è stata sbandierata recentemente, ma riducendo sicuramente in maniera particolarmente importante l'impatto della crescita economica su ampia parte delle persone interessate invece da fenomeni di povertò diffusa
  • infine, in tempi di incertezze relativi alla solidità delle banche, sarebbe bello sapere quale parte della crescita de PIL mondiale è legata a debiti di scarsa solvibilità o prodotti finanziari di dubbia esigibilità quali alcuni derivati.
Immagino che chi adesso esalta Trump magari non sia particolarmente sensibile a ragionamenti di questo tipo (e che spesso nemmeno si renda conto dell'importanza di mantenere aperte le linee commerciali estere alle nostre produzioni), ma mi piace provare a riflettere un minimo su questi aspetti, superando un l'approccio ideologico ed aprioristico che è attualmente invalso: personalmente ritengo la globalizzazione un fenomeno potenzialmente molto positivo se regolato in modo da permettere una reale estensione di benessere diffuso, ma altrettanto potenzialmente deleteria se intesa come mera deregulation dei flussi finanziari e delle merci .. 

Ciao

Paolo

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