L'Economist sbaglia (imho)

Buongiorno,

tra i commenti e le analisti alla Brexit ho trovato interessante e sorprendente, anche se secondo me fuorviante, quello contenuto in questo articolo del Post, a sua volta ispirato da una sorta di tentativo di autocritica dell'autorevole Economist in materia di politiche economiche.

Sostanzialmente l'Economist ritiene che una componente del voto pro Brexit sia stata legata al rifiuto delle politiche liberiste da parte di coloro che, in Inghilterra, ne sono stati esclusi, e che i sostenitori del liberismo avrebbero dovuto evidenziare maggiormente i vantaggi derivanti da liberalismo e globalizzazione e le conseguenze degli errori dei "tecnocrati" quali la struttura rigida dell'Euro (cui peraltro gli UK non aderivano, cosa che sembrerebbe rendere l'argomento deboluccio).

Conosco troppo poco dell'elettorato inglese per poter dire se sia vero che abbia votato per la Brexit in spregio a politiche liberiste e di globalizzazione spinta, premiando peraltro l'indipendenza dalla UE dello Stato che più ha operato e dichiara di voler operare proprio in quella direzione (1), quindi non è questo l'argomento su cui intendo mettermi a sindacare (anche perchè, almeno in parte lo condivido).

Non è quindi questo il punto su cui, secondo me, l'Economist sbaglia. Gli errori mi paiono essere altri e numerosi, perchè l'estensore dell'articolo:
  • mescola un po' confusamente aspetti ed argomenti che non hanno attinenza o ce l'hanno solo parzialmente con il liberismo, quali la globalizzazione e le politche monetarie
  • sembra considerare il tutto un grosso problema di narrazione (per dirla alla Renzi), ma tale non è: nell'articolo del Post si sottolinea come "Negli Stati Uniti il PIL è cresciuto del 14 per cento tra il 2001 e il 2015, ma il valore mediano degli stipendi ... è cresciuto solo del 2 per cento.", il che già di per sè non è un bel segnale per uno Stato che è la bandiera del liberismo, ma risulta persino peggiore se uno va a vedere quanto nel frattempo sia stato nello stesso periodo tagliato in termini di Welfare (peraltro riuscendo contemporaneamente ad alimentare pesantemente il debito pubblico).
Il fatto è che il liberismo di cui l'Indipendent si proclama sostenitore porta intrinsecamente all'apertura della forbice tra ricchi e poveri, perchè, a parità di altre condizioni, chi ha a disposizione capitali può godere di maggiori opportunità e migliori remunerazioni degli investimenti rispetto a chi non ne dispone (2).

E la continua pressione dei sostenitori del liberismo affinchè gli Stati arretrino nel loro ruolo di redistributori del reddito (limitando tasse e spesa per il welfare e creando politiche fiscali di vantaggio, a meno che non si tratti di salvare le banche) non ha fatto altro che ampliare l'apertura della forbice tra ricchi e poveri e la velocità con cui questa avviene, anche ai danni dei ceti sociali più bassi, giungendo al paradosso di aver consolidato come principale ed intoccabile rendita di posizione proprio la disponibilità di capitale (3).

Possiamo raccontarlo come vogliamo, ma se vogliamo considerare la Brexit ed il caos politico che avvolge in questo momento l'UK (4) come una conseguenza di qualche aspetto delle politiche liberiste, non è certo la loro narrazione il problema, ma lo è la loro essenza stessa, e su questo non mi pare che l'Economist abbia voglia di fare ammenda...

Ciao

Paolo

(1) So che potrebbe sembrare contraddittorio, ma quando in politica si ha a che fare con demagogie e populismi è possibile anche che qualcuno voti a favore delle politiche che crede di avversare col proprio voto...

(2) non foss'altro che per il fatto di risparmiarsi tempi e costi per il reperimento e per la remunerazione del credito, ma è evidente che questa è solo una minima frazione dei vantaggi che la disponibilità di capitali fornisce

(3) talvolta questo fenomeno è mascherato dal considerare solo localmente le conseguenze delle politiche che ai liberisti piacciono: le aziende che si trasferirono numerose in Irlanda attratte dalla tassazione leggera, lo fecero sottraendo i propri contributi alla più pesante fiscalità di altri Paesi, e togliendo quindi complessivamente risorse ai sistemi di welfare ed alla loro capacità di redistribuzione del benessere: una crescita economica locale ottenuta a scapito di quella dei Paesi circostanti ma anche del complesso degli Stati...

(4) Da Cameron a Farage passando per Johnson ho perso il conto di quanti politici inglesi, spesso dichiaratamente ed attivamente favorevoli alla Brexit sino a pochi giorni fa, stiano fuggendo dalla gestione delle sue conseguenze. Aggiungiamo il ritorno di pulsioni secessioniste dalla Scozia all'Irlanda del Nord ed il ridimensionamento delle prospettive economiche: il quadro che ne esce (e mi auguro di sbagliare) è quello di uno Stato in disfacimento. Forse a furia di affamare la bestia questa è morta: il rischio è di scoprire che, in fondo, sarebbe stato meglio per tutti continuare a nutrirla...

3 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

condivido il senso del post. Mi pare che si giri intorno sempre allo stesso punto.
Non esiste un'alternativa strutturata o credibile al pernicioso liberismo che ha modificato le condizioni di vita in modo che non si può definire positivo, al prezzo di un insopportabile aumento delle disuguaglianze.

L'assenza di questa ideologia alternativa fa sì che si verifichi quanto al punto 1. Gente che vota contro i propri interessi, credendo di fare il contrario.
L'altro effetto è quello di disperdere la giusta disapprovazione di questo sistema in diverse direzioni, dall'estrema destra agli ambigui grillini, alle opzioni più di sinistra come in Spagna e Grecia.

Intanto la corda viene tirata sempre più forte.

Saluti

T

*Al netto del progresso tecnologico, c'è stata una diminuzione di diritti, welfare, democrazia, prospettive di fita - in sintesi di felicità - per larghe fasce di popolazione.

PaoloVE ha detto...

@ T.:

"Al netto del progresso tecnologico, c'è stata una diminuzione di diritti, welfare, democrazia, prospettive di fita - in sintesi di felicità - per larghe fasce di popolazione"

temo che il problema sia ancora più ampio: le diminuzioni di cui giustamente parli avvengono malgrado il progresso tecnologico e sono solo parzialmente ed in quota sempre minore compensate da questo...

Ciao

Paolo

F®Ømß°£ ha detto...

@Paolo,

intendevo dire sinteticamente quello che scrivi tu ;-)