Familismo e meritocrazia

Buongiorno,

sentiamo molto spesso lamentare quanto l'assenza di meritocrazia costerebbe all'Italia, attribuendo per intero il costo al settore pubblico con una scontatezza che ha ormai trasformato la cosa in un luogo comune, luogo comune che peraltro mi è già capitato di contestare in passato.

In sintesi, sostengo che, poichè i figli, diversamente dalla maggior parte dei dipendenti pubblici, non sono tali grazie a concorso per titoli ed esami nel quale abbiano a dimostrare qualche capacità, ma comunque ereditano l'azienda paterna e/o i posti nel consiglio di amministrazione, il familismo spinto che contraddistingue le aziende italiane è in materia di meritocrazia un peccato originale che surclassa quello di un settore pubblico dove gli incarichi di origine politica ed avulsi dalle capacità sono una frazione minima (magari importante per ruolo ma minima).

E' una cosa di cui si parla però molto meno o per nulla per vari motivi:
  • l'idea marcia che la proprietà possa disporre dell'azienda come più le aggrada senza che ciò sia un problema sociale, 
  • il fatto che i media italiani siano foraggiati e proprietà di imprese italiane e non particolarmente ricchi di schiene dritte che vogliano inimicarsi l'editore parlando delle di lui inefficienze (1), 
  • il fatto che è difficile quantificare il costo di aver tenuto in ditta il Lapo, l'Andrea e lo Yaki di turno piuttosto che aver affidato le loro poltrone al miglior manager disponibile sul mercato per quel ruolo.
Ebbene, in questi giorni abbiamo sotto gli occhi un esempio che svela almeno in parte quanto pesino questi costi, ed è il caso di Luxottica, esempio di cui non nascondo un certo imbarazzo a parlare, perchè ammiro molto Leonardo Del Vecchio, quello che ha costruito e come lo ha costruito, realizzando un impero economicpo di dimensioni colossali senza però perdere di vista, magari anche in modo un po' paternalistico, le esigenze di chi sta intorno a lui.

Ciononostante, arrivato al punto di dover considerare la necessità di lasciare per motivi di età le redini della ditta, anche lui ha optato per la successione in ambito familiare, successione che sembra essere il motivo della separazione dal manager Andrea Guerra, che aveva marcato un decennio di crescita aziendale continua e, in questi giorni e opo solo un mese dall'incarico, del suo successore Cavatorta.

La situazione di rottura coi manager che si è creata è lo specchio della scelta tra familismo e meritocrazia avvenuta in Luxottica a favore del primo (2) e, benchè in gran parte già scontata nel tempo perchè nota da un bel po', attraverso lo scivolone il crollo in borsa dà ci dà una misura almeno parziale di quanto valga l'handicap introdotto in ditta in questo modo: -9,2% in un solo giorno, ma da quando a luglio sono iniziate le illazioni sull'abbandono di Guerra il titolo Luxottica è sceso da circa 43€ a circa 35, che fa più o meno un -18% .

Ciao

Paolo

(1) questo punto è secondo me il motivo per cui sentite ogni tanto riferimenti a disdicevoli pratiche familistiche tra i liberi professionisti (notai, farmacisti, ...): la aziende possiedono quote dei media, i liberi professionisti no (o comunque molto frazionali rispetto a quelle possedute dalle aziende: se per ipotesi l'Ordine dei Notai decidesse di entrare nel patto di sindacato di RCS temo smettereste di sentire anche quelle critiche stonate)...

(2) scelta che, normalmente, non è visibile perchè si consuma in una continuità familiare ovvia ed indiscussa, senza scosse, al limite dell'immobilismo. E' scontato sin dalla sua nascita che in azienda il figlio prenda il posto del padre.

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