Enrico Letta ed il terrore del Kilt

Buongiorno,

la morte del nostro dibattito politico interno (1) di cui parlavo ieri mi spinge ad interessarmi di cose estere e folkloristiche che altrimenti avrei confinato sotto la voce "irrilevanti cose buffe". Insomma, oggi ciancio del nulla.

E così mi incuriosisco per i recenti sondaggi che davano in vantaggio (oggi non più) i secessionisti scozzesi in vista del referendum che oggi potrebbe sancire il distacco della Scozia dalla Gran Bretagna e per le ardite interpretazioni che ne trae il nostro ex Primo Ministro Enrico Letta, la cui visione mi pare quanto mai lontana dal mio punto di vista e forse dalla realtà (e non ci sarebbe da meravigliarsi di nessuna delle due cose).

I paralleli che fa Letta tra il referendum odierno e l'attentato di Sarajevo hanno ovviamente il valore che può avere il confronto tra un attentato e l'esercizio democratico a favore di uno dei diritti fondamentali dell'uomo, tra una pistolettata ed il diritto all'autodeterminazione: zero, è pura insostenibile spazzatura retorica.

Volendo mantenere toni allarmanti avrebbe forse avuto un po' più senso rievocare le secessioni dei Paesi ex jugoslavi, ma nemmeno in questo caso e malgrado la minor distanza nel tempo, il contesto giustifica alcun parallelo: l'ex Jugoslavia del dopo Tito aveva ancora ben poco delle democrazia, fronte sul quale mi pare che l'Inghilterra si sia sufficientemente radicata. Direi che non è ragionevole ipotizzare nè per la Gran Bretagna nè par l'Europa una deriva di tipo balcanico di fine secolo scorso a valle di una eventuale vittoria del fronte secessionista scozzese.

Ma, al di là delle suggestioni forzate, e dandogli atto che probabilmente nella scelta secessionista vi possa essere una forte componente populista (ma più probabilmente l'intenzioner di far fruttare in loco i proventi della maggior parte del petrolio del Mare del Nord), è proprio il ragionamento complessivo di Letta a fare acqua.

Perchè sarà probabilmente vero che una eventuale perdita dell'elettorato scozzese comporterebbe il rafforzamento del fronte che vorrebbe portare il Regno Unito fuori dalla UE nel 2017, ma in definitiva, a noi italiani ed europei davvero la cosa sarebbe di danno?

Per come la vedo io la posizione della Gran Bretagna è stata storicamente ed è tuttora molto filo americana e molto euroscettica, ed ha rappresentato in Europa il principale freno (e non certo un motore) alla maggior parte delle politiche di integrazione che andassero al di là di una mera liberalizzazione dei mercati (cui peraltro ha già gioiosamente immolato gran parte della propria industria manifatturiera).

Davvero è interesse italiano ed europeo portare avanti questa visione? Io credo di no, e credo che il principale problema europeo in questo momento sia aver eliminato ogni ostacolo alla circolazione dei capitali, senza aver provveduto a costruire una realtà sociale sufficientemente coordinata ed omogenea.

Davvero i processi di integrazione tra Stati europei sarebbero frenati da una eventuale defezione (peraltro già nell'aria a prescindere dagli esiti del referendum scozzese, per ammissione stessa di Letta) della nazione che più ha remato contro? Sarebbe francamente paradossale, ed ancor di più lo sarebbe se la Spagna si opponesse alla richiesta di ingresso nella UE di una eventuale Scozia indipendente per un solo presunto legame con la questione catalana: in fondo proprio la Spagna avrebbe tutta la convenienza a far vedere che la prospettiva della secessione è destinata a ridursi fortemente di portata, nel momento in cui si rientra comunque nel medesimo contesto sovranazionale (2). E non credo che gli indipendentisti catalani si vedano collocati al di fuori della UE.

Infine, il suggerimento del un modello del Trentino Alto Adige per l'autonomia scozzese mi pare molto azzardato: le Regioni autonome in Italia hanno accomunato belle realtà a fallimenti totali, accomunndo però ogni esperienza in una onerosità economica della cosa difficilmente sostenibile.

Quella che in realtà vedo come un rischio reale (e tutto interno alla Gran Bretagna) derivante da una eventuale secessione scozzese è forse la possibilità che possano prendere forza ulteriori rivendicazioni indipendentiste nell'Irlanda del Nord, dove le ferite di decenni di contrapposizione tra unionisti e nazionalisti non sono ancora storia passata, e dove purtroppo è già stato versato troppo sangue sino a poco tempo fa. Ma da questa situazione apparentemente Letta non teme alcuna ripercussione.

Per chiudere, se i timori di Letta sono quelli che ha espresso nell'articolo, mi sento di dirgli, dal più profondo del cuore: Enrico stai sereno (e fatti un goccio di scotch...).

Ciao

Paolo

(1) Ho l'impressione che anche chi sino all'altro ieri si azzardava a fare qualche osservazione nel merito delle promesse del nostro Primo Ministro sfidando la condanna ad essere sepolto sotto la solita montagna di contumelie a base di gufo e rosicone si sia ormai rassegnato al silenzio. Dal punto di vista dei risultati provare a parlare ad un muro o stare zitti, in fondo, è la stessa cosa. Ma a star zitti si fa meno fatica...

(2) Voglio sperare che l'Italia non si opporrebbe all'ingresso degli scozzesi nella UE per boicottare i quattro ridicoli burloni veneti che avevano promosso lo pseudo referendum di qualche tempo fa...

2 commenti:

MS ha detto...

Indipendentemente dal voto, la loro battaglia l'hanno vinta. Cameron[1] ha annuciato prima del voto una rivisitazione fiscale a favore della Scozia.

Inoltre, considerando la propensione europeista della Scozia, non può essere effettuato nessun parallelo con la Lega.

bye,
MS

Note:
[1] -> una promessa di Cameron non ha lo stesso peso di una promessa/annuncio di Renzi :-)

PaoloVE ha detto...

"una promessa di Cameron non ha lo stesso peso di una promessa/annuncio di Renzi"

Standing ovation!

Ciao

Paolo