Guardare un po' più in là

Buongiorno,

il riesplodere dello scontro tra Israele e le frange oltranziste palestinesi di Hamas (o ancora più oltranziste) sta riportando a galla un approccio molto emozionale ed epidermico della nostra distratta ed un po' ottusa (1) opinione pubblica rispetto alla questione palestinese, approccio per il quale si tende ad identificare chi soccombe con la vittima e chi prevale con l'aggressore. E quindi, in questo momento, a Israele viene attribuito il ruolo del cattivo aggressore ed a tutti i Palestinesi quello di vittime.

A me pare che la situazione sia molto più complessa di così, per molti motivi.

Per iniziare: non necessariamente chi soccombe è una vittima.

La enorme disparità tra l'apparato militare israeliano e quello di Hamas è da sola motivo sufficiente per collocare a priori l'esercito israeliano nella categoria del prevalente e i suoi avversari in quella dei soccombenti, senza che per questo si possa proseguire attribuendo all'uno e all'altro la patente di aggressore o di vittima, malgrado lo sbilanciamento nel numero dei morti possa far pensare il contrario.

E tra Hamas ed Israele è un continuo rincorrersi ed evolvere di provocazioni, attacchi e contromisure in cui raramente le parti fanno mancare il ricorso alla forza se non alla violenza.

Tali sono infatti secondo me sia la politica israeliana relativa al consolidamento / espansione delle colonie che le manifestazioni contro l'esistenza stessa di Israele, gli attacchi condotti da Hamas in varie forme nel tempo (un tempo con infiltrazioni armate via terra sino alla costruzione del muro che separa Israele dalla Cisgiordania, poi con i lanci di razzi che da poco vengono resi inefficaci dal nuovo sistema anti missile e, adesso e nell'immediato futuro, con tentativi di infiltrazione via mare o, più prevedibilmente, con semplici droni -che sono almeno per ora al di là dei bersagli del sistema Iron Dome) e le contromisure israeliane sul campo (ricordate l'operazione "Piombo fuso"?).

E lamentarsi a senso unico con Israele del fatto che il conflitto uccida più civili che armati è un problema altrettanto mal posto: se non intercettati i Qassam (o i Grad, gli Al-Quds, gli Al-Yasin,...) otterrebbero lo stesso risultato e chi li lancia lo sa.

Insomma: in Medio Oriente nessuno si sta facendo mancare nulla ed il fatto che Israele sia militarmente più forte non significa che Hamas non stia provando pervicacemente e sistematicamente (anche se in maniera inefficace malgrado i suoi sforzi) ad annullarla con la violenza, magari mimetizzandosi tra la popolazione civile e facendosene intenzionalmente scudo, consapevole delle conseguenze, se non addirittura determinato a provocarle.

E non significa che lo Stato di Israele non abbia il diritto ed il dovere di tutelare l'incolumità e la sicurezza dei propri cittadini o che rifutare la proposta egiziana di un cessare il fuoco sia responsabilità di Hamas.

Quindi voler vedere solo le colpe di Israele, minimizzando quelle di Hamas, come troppi stanno facendo, è scegliere di avere una visione "guercia" (2).

A complicazione ulteriore dell'analisi c'è l'idea che quanto sta avvenendo sia un gioco a due tra israeliani e palestinesi, mentre la parte araba non è in grado di offrire un riferimento decisionale e rappresentativo unico, divisa com'è tuttora tra seguaci di Hamas e Al Fatah.
Ciao

Paolo

(1) Guardate un carta politica degli Stati che si affaccino sul Mediterraneo e valutate quali siano quelli sufficientemente stabili da poterci collaborare commercialmente e vi renderete conto di quanto le pessime condizioni socio - politiche in Nord Africa e Medio Oriente stiano penalizzando l'Italia.

(2) Similmente guerci sono quelli che  vedono solo la reazione alla pioggia di Qassam ed agli omicidi di adolescenti, senza porsi il problema di chi abbia diritto e motivo di vivere nei territori occupati, oppure quali diritti civili siano riservati ai cittadini arabi residenti in Israele.

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