I "capitani coraggiosi" affondano da soli

Buongiorno,

Grazie Tommaso Grazie GRAAAZZZZIEEEE! (oppure, se preferite, Meno male che Tommy c'èèèè)

in un post che Paolo ha linkato qualche giorno fa, un blogger estremizzava molto il concetto per cui la categoria dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono bersaglio di un odio generalizzato che essi stessi hanno contribuito a coltivare. 

 In sintesi: nel momento difficile, non puoi aspettarti solidarietà da parte di quello a cui hai detto "Ti pago una miseria, e se non ti va bene, ho la fila fuori per lavorare qui" oppure dalla ragazza cui hai fatto firmare il licenziamento in bianco da usare in caso di gravidanza. 

Accanto a questo, è difficile non comprendere che il continuo piagnisteo sulle tasse da parte delle categorie che in qualche modo possono provare a non pagarle sia seccante per chi invece si vede trattenere in busta paga grosse fette della propria retribuzione.

 Personalmente è solo razionalmente che riesco a provare solidarietà con imprenditori e commercianti, molti dei quali sono onesti e si trovano in difficoltà come ogni giorno la radio di Confindustria ci ricorda con dovizia di particolari. 

Contribuiscono al senso istintivo di fastidio quando sento parlare delle difficoltà degli artigiani e delle piccole imprese anche alcune delle pubblicità che si ripetono su Radio 24. 

C'era quella con il figlio che dice al papà: "Ma papà, le aziende non volano!" con tono saccente. Chi non vorrebbe un figlio così, uno che magari dica: "Da grande voglio fare il commercialista"! 

Oppure: "La mia mamma è architetto e con il suo tablet controlla i progetti mentre fa shopping". Ma che bello! Poi ti trovi la casa con le vetrine al posto delle finestre (Tommaso, è colpa tua: se volevi delle finestre dove ci vanno le finestre dovevi andare da un ingegnere o un geometra, non da un architetto. Femmina, per di più... :-)). 

E poi, quando sento questa qui provo veramente l'odio cieco e irrazionale di cui parla Uriel: "Non sono i sacrifici che fanno arrabbiare. È la mancanza di credito, la cecità della burocrazia che fa arrabbiare" e quindi non faccio i sacrifici e ne vado fiero, ho questa bella scusa.

Ma soprattutto: "Deve finire il tempo dei furbi, deve nascere il tempo del merito!" Infatti la mia piccola azienda che fa lo stesso prodotto da 40 anni adesso è di mio figlio. (E l'avevo ereditata da papà che l'aveva avuta dal nonno...)

E concludiamo con: "Noi abbiamo vissuto meglio dei nostri padri, i nostri figli dovranno vivere meglio di noi". I nostri figli inteso in senso letterale, i figli degli altri si fottano. 

Saluti

Tommaso

Le mie solite due schizofreniche note conclusive:

1) in questi giorni il mio odio viene più di tutto acceso dalla simpaticissima pubblicità del premiato gruppo il cui slogan è "La visione di oggi, il lavoro di domani", specialista in gestione outsourcing, outplacement, somministrazione, relocation e tutte quelle altre amenità che in azienda rendono il paròn popolare quanto un gatto attaccato con le unghie ai maroni

Quale dei due è l'imprenditore?
2) dall'altro lato, vivendo nel Nord Est, vedo anche la faccia della medaglia per cui in molte aziende la realtà dell'impresa è realmente quella di una "famiglia allargata" in cui il datore di lavoro divide il pane coi dipendenti e si sporca le mani quanto e come loro, guadagnando poco di più, situazione che credo limiti dalle nostre parti la propagazione di sentimenti così accesi...

Ciao

Paolo

5 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

ho una lista di pubblicità odiose, di certo quella che citi mi ha fatto imbestialire la prima volta che l'ho sentita: credi che ci sia ironia nella raffica di futili anglismi. Quando ti rendi conto che non c'è capisci perché sia difficile vedere la fine del tunnel finché certa gente è libera di nuocere.

Per quanto riguarda la famiglia allargata di certe microaziende, riprendo spunto da Uriel. Il datore di lavoro divide il pane con i suoi dipendenti e guadagna poco di più, ma ritiene con questo di appartenere a una classe sociale superiore. Per questo quando poi la microazienda per forza di cose viene distrutta dalla crisi, per l'imprenditore la tragedia è insostenibile. Da un lato egli si sente responsabile per i dipendenti/amici, dall'altro si sente come se "cadesse da più in alto".

Saluti

T.

Michele R. ha detto...

Buongiorno,
Tutte le volte che sento quella pubblicità sugli artigiani non riesco a trattenere un "inner smile" pensando ai luoghi comuni di cui è infarcita la pubblicità, mi par di ascoltare un Landini qualsiasi.

A me pare che per il figlio che ha ereditato dal padre, che ha ereditato dal nonno l'azienducola di famiglia, credo che nella maggior parte dei casi siano tempi difficili. Altro che figli che vivono meglio dei padri, semmai è vero il contrario.

PaoloVE ha detto...

@ MR:

la cosa grave è che pubblicità pensate per vellicare l'ego di una categoria stanno contribuendo a costruire un luogo comune sbagliato sulla stessa.

In moltissimi sono convinti che l'imprenditore sia un benefattore filantropo perchè dà lavoro...

Ciao

Paolo

renzo ha detto...

Dai ragazzi la pubblicità di cui parla Paolo è evidentemente una supercazzola dei nostri giorni... :)

Renzo Che Odia Quella Pubblicità (come se foss'antani)

F®Ømß°£ ha detto...

Quella pubblicità prima della crisi la menava con "Si anche orgoglio!" e cose simili.

Sempre nella sopravvalutazione della microazienda che non è l'Italia che sostiene l'Italia.

In quarant'anni queste sono rimaste microaziende (o PMI come usano dire quelli dagli occhiali colorati) perché con gli utili hanno comprato i SUV per tutta la famiglia invece che investire ed espandersi. Orgoglio de che?

Saluti

T.