Juke box e note stonate

Buongiorno,

la ricordate?

Mi ricordo che anni fa
di sfuggita dentro un bar
ho sentito un juke box che suonava

Nei miei sogni di bambino
la chitarra era una spada
e chi non ci credeva era un pirata

Per il mondo economico italiano (e per gran parte di quello occidentale) il juke box nell'ultimo quarto di secolo ha trasmesso a getto continuo in pratica solo poche canzoni i cui titoli erano Privatizzazione, Globalizzazione, Finanziarizzazione, Delocalizzazione, con la benedizione dei governi occidentali.


A compimento di quello che in economia è senza dubbio un medio lungo periodo possiamo tirare le somme di quelle scelte. E sono somme tragiche, se venticinque anni di questa musica ci hanno riportato ai consumi di trent'anni fa, per di più massacrando la nostra capacità produttiva.

Anni Ottanta?
Qualcuno potrebbe contestare il fatto che io stia scegliendo un lasso di tempo molto particolare, che inizia nei ruggenti anni Ottanta e finisce nel momento più buio di una serie di crisi economichedi dimensione eccezionale. In realtà questa critica ha poco di fondato: volendo enfatizzare gli effetti negativi avrei dovuto analizzare un periodo che iniziava oltre un decennio dopo, e attendere di pubblicare questo post (si, purtroppo sono convinto che non siamo ancora al fondo). 

E, quando in un decennio si susseguono bolle speculative di dimensioni continentali se non planetarie con cadenza biennale o addirittura superiore (new economy, immobiliare, subprime, debiti pubblici, internet 2.0 / social network -no, questa non è ancora arrivata, ma sarei pronto a scommettere la solita rituale birra che sarà la prossima-) le crisi epocali non sono più eccezionali ma strutturali ed effettuare valutazioni durante una crisi non è più strumentale ma perfettamente normale. 

Per di più gran parte della crescita misurata sinora è stata misurata con una unità di misura strana, fatta in parte di debiti che non saranno onorati ed in parte di soldi il cui valore è stato deprezzato dalle massicce iniezioni di valuta stampata allo scopo di diluire i tempi della crisi. E' come se PIL venisse misurato con un metro che si accorcia

Ci sono alcune cose estremamente sconcertanti in tutto ciò: 
  1. c'è chi è stato meno boccalone ed ha deciso di ascoltare una musica diversa, ad esempio decidendo che delocalizzare voleva dire produrre ANCHE in altri Paesi (e non, all'italiana, spostare la produzione ed anche il resto in altri Paesi), decidendo che la finanziarizzazione non doveva andare a discapito della produzione ma accompagnarla, decidendo che globalizzare significava mettere a punto prodotti per ogni mercato e non solo acquisire il solito prodotto da qualsiasi mercato lo prezzasse meno per rimarcarlo, ... con il risultato che nello stesso periodo la Germania è cresciuta, malgrado abbia dovuto assorbire lo shock dell'unificazione, oltre a tutte le crisi che abbiamo affrontato noi.
  2. in Italia, chi ha scelto le hit da suonare continua a pontificare imperterrito, come se nulla fosse, malgrado la realtà stia smentendo le formule magiche che propalava contro ogni buonsenso. Meritocrazia non significa anche che chi sbaglia paga e se ne va a spasso?
  3. Nessuno ha ancora pensato di cambiare i dischi del juke box: finanzieri, società di rating, facilità nel trasferire enormi quantità di denaro in tempi ristrettissimi, continuano ad operare come negli ultimi venticinque anni. Quindi continueranno a generare i risultati che stiamo vedendo.
Vedo che anche nel sito di Uriel si tratta un argomento affine da altro punto di vista nel post SBRIC (post che condivido solo in parte) passando però per considerazioni simili. Anche se mi pare di leggerci alcune conferme di quanto ho scritto, non posso dire di esserne contento: ci sono cose in cui vorresti essere smentito.

Ciao

Paolo
Resto strettamente IT...

2 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Tutto vero, ma chi sta proponendo un'alternativa credibile?

Sono il primo a detestare chi idolatra questo sistema che di fatto dà più valore ai giochetti finanziari che alla produzione di beni riducendoci nello stato in cui siamo oggi. Potrei elencare decine di piccoli e grandi peggioramenti della qualità della vita dovuti a scelte di tipo politico ed economico, mentre i miglioramenti si riducono in genere a puro avanzamento tecnologico.

Detto ciò però sono molto ignorante su quali siano le alternative, realmente praticabili e che escludano una bella guerra con milioni di morti per creare un punto di partenza nuovo.

Per alternative praticabili intendo proposte politiche che cerchino di cambiare rotta in qualche modo, non teorie anche sensate, ma che facciano leva su utopistiche "rivoluzioni dal basso".

Di certo i post del blog che citi non migliorano la qualità della vita, visto l'intollerabile tono con cui sono scritti e la loro prolissità superflua.

Ciao

T.

PaoloVE ha detto...

@ tommaso:

hai ragione, ma qui la cosa va oltre l'atteggiamento dei politici e coinvolge quello degli economisti, che avrebbero la pretesa di coltivare una scienza. Con il risultato di restare sostenitori di una teoria anche quando i fatti la smentiscono.

Il che non è bello :-)

Ciao

Paolo