Macchè Keynes....

Buongiorno,

che gusto ci sarebbe ad avere la possibilità di condividere un documento o un ragionamento on line se poi uno non lo fa?

Nessuno.

Quindi, senza orpelli, immagini o fronzoli grafici, ma semplicemente colorando in arancio le mie parti e lasciando in azzurro quelle di MS, nonchè gestendo con i rientri la profondità del contraddittorio vi presento come si è trasformato il mio post originale nel confronto con MS.

Vi avverto: ne è uscito un post torrenziale...

A vous!

Buongiorno,

qualche giorno fa nei commenti al post “Tra il dire e il fare”, MS, probabilmente infettato da pericolose frequentazioni di Oscar Giannino e/o altri neoliberisti (ma che brutta gente frequenti), aveva molto sinteticamente sostenuto che un approccio Keyensiano alla crisi, con uno Stato che promuove investimenti allo scopo di mettere in moto la ripresa economica sarebbe inadeguato, rispetto alla unica e tradizionale ricetta dei liberisti di ogni tempo, che vorrebbe invece sempre e comunque meno Stato: tagli, tagli, tagli.
  • Mi preme precisare che non mi considero un puro neoliberista, anche se la maggior parte delle mie posizioni sono convergenti con il neoliberismo (da ora per semplicità liberismo). In ogni caso, indipendentemente dal pensiero liberista, la mia preoccupazione fondamentale è la mancanza di segnali di crescita del sistema italia da almeno un decennio.
Nella speranza che MS voglia approfondire il suo punto di vista, mi prendo per tempo e provo ad esprimere un po’ meglio il perché credo che un approccio di tipo Keynesiano (con tutti i limiti imposti all’Italia da una situazione debitoria che impedisce ulteriore indebitamento pubblico e quindi dovrebbe essere basata non su una maggiorazione di spesa, ma solo su un suo riorientamento in termini di maggior efficienza e produttività) abbia secondo me più possibilità di tirarci fuori dalla crisi.  
  • Nel dettaglio credo che l’approccio Keynesiano del riorientamento della spesa (senza variazione) non sia il più utile, ma comunque difficilmente praticabile. Ritengo sarebbe più facile un approccio liberista. In sintesi, riduzione della spesa con conseguente risparmio da reinvestire per coprire il debito pubblico. Tale copertura permetterebbe una diminuzione della pressione fiscale che nel breve/medio periodo genererebbe risparmio per le famiglie e le imprese. E’ però essenziale introdurre meccanismi di crescita economica tramite le liberalizzazioni.
Gli stessi sprechi che all’interno dello Stato fanno dire al liberista che i singoli gestirebbero meglio le risorse possono diventare, quando eliminati, la benzina per realizzare quelle opere, infrastrutture, servizi, che potrebbero migliorare le competitività del sistema Italia, senza creare nuovo debito.
  • Gli sprechi, se eliminati, permettono il rimpiego delle medesime risorse in ambiti differenti, ambiti che eventualmente avrebbero subito tagli. In alternativa, il risparmio può essere utilizzato per coprire parte del debito accumulato. Nel primo caso parliamo di riorientamento della spesa, nel secondo di contrazione.
Per usare riferimenti demagogici, possiamo usare i soldi di troppe inutili auto blu per rendere la Salerno Reggio Calabria una infrastruttura degna di questo nome, sulla quale le merci si possano finalmente muovere. Oppure possiamo usare gli stipendi di troppi consulenti d’alto bordo per realizzare le autostrade digitali e i troppi rimborsi, le troppe e troppo grasse diarie dei politici per attivare asili nido ora introvabili.
  • Tutti i riferimenti sono nell’ottica di riorientamento della spesa.
Il liberista dirà che, visto che non è stato fatto sinora, si tratta di una utopia e di un pia illusione: lo Stato è intrinsecamente inefficace e sprecone. Cosa con cui potrei in parte concordare.
  • Concordo. 
 Il punto è, da un lato, se i privati lo siano meno, dall’altro se i soldi che lo Stato eventualmente potrebbe lasciargli verrebbero reimmessi nel circolo economico in modo da rianimare l’esangue economia italiana.

  • Concordo parzialmente. Il focus del liberismo è oggi puntato verso le liberalizzazioni. In particolare esse avranno il compito di creare crescita e rianimare la stagnante economia italiana.
  • Mmhh, no qui c'è qualcosa che non va: se per uscire dalla crisi dobbiamo togliere la gestione delle risorse allo Stato perchè è sprecone ed inefficiente, l'alternativa deve essere meno sprecona ed efficiente, se no la crisi peggiora. O no?
    • Certo. Il mercato prevede meccanismi intrinseci che richiedono efficienza maggiore di quella che lo Stato parassitario ci ha proposto. In altre parole, i privati si comporterebbero nel complesso meglio dello Stato.
    • Mi pare che, visto che è indimostrabile che adesso lo stiano facendo, come tra poco scriverò, mi pare che si dovrebbe affidare ad un mutamento antropologico radicale, esattamente quello che molte utopie politiche (anarchia, comunismo, ...) si aspettavano invano. Io non ci faccio affidamento e preferisco partire dal dato di fatto...

I privati sono dei gestori migliori dello Stato? Mi permetto di dubitarne, e vi porto l’esempio del gioco d’azzardo, una attività in cui gli italiani mettono annualmente oltre 54 miliardi di €  (e sto parlando solo dei giochi legali) in un investimento statisticamente destinato a rimetterci. Sto parlando del 3,5% del PIL italiano investito deliberatamente in una attività destinata a generare rendimenti negativi e a non avere nessun impatto sull’economia italiana che non sia una ridistribuzione più concentrata del denaro. Nulla di positivo, insomma.
  • Sono d’accordo. Ma questa attività è diretta nella direzione ludica. Lo spreco delle risorse dell’italiano amante del gioco sono fine a se stesse. A livello commerciale è statisticamente una perdita per il giocatore, un guadagno per il gestore. In senso macroeconomico non è una perdita, ma una ridistribuzione della ricchezza.
  • La maggior parte degli economisti ormai concorda che una ridistribuzione della ricchezza che ne realizzi una concentrazione senza probuzione di valori è male. il dato sul gioco d’azzardo che sentivo stamattina è salito a 76 miliardi nel 2011. sostanzialmente il 5% del PIL investito male solo analizzando questa voce. potremmo analizzarne molte altre aventi lo stesso segno. Su che basi concrete, ai fini della crescita italiana, restiamo convinti che un euro gestito dallo stato sia investito peggio che se investito dall’italiano medio cui vorremmo lasciarlo?
    • Reputo (ma, ammettendo la mia ignoranza,  dovrei documentarmi) che la ridistribuzione di ricchezza senza produzione di valore sia negativo nel senso di perdita nominale di capacità di acquisto del cattivo risparmiatore, che debolmente si riflette nel dominio macroeconomico. In altre parole, considero che la concentrazione sia un problema di ordini di grandezza inferiore rispetto uno spreco statalista. Rigiro la domanda: su che basi concrete, ai fini della crescita del sistema economico, si è convinti che lo Stato investi meglio rispetto sia ai grossi collettori (nel caso specifico i gestori dei giochi) sia al risparmiatore medio?
    • Per me (e per molti economisti) tra il sistema economico che dà l’intero pollo ad uno e niente all’altro e quello che dà mezzo pollo ad ognuno il secondo è preferibile. Un sistema che concentra la ricchezza senza creare valore aggiunto non va in questa direzione, quindi è male. Le basi concrete per cui possiamo attenderci che lo Stato sia un gestore migliore della somma degli investitori medi è che, in democrazia, abbiamo la possibilità di scegliere i gestori per le loro capacità, mentre il livello medio dell’investitore è un dato non influenzabile.
      • Un sistema liberista non e’ un sistema senza welfare. E’ un sistema in cui l’ordinamento dal più capace al meno capace è correlato al merito. Ma il meno bravo non è lasciato a se stesso, soprattutto se lo stato di indigenza non è dovuta alla propria volontà. Inoltre, evidenzio la mia difficoltà ad accettare l’affermazione concentra la ricchezza senza creare valore aggiunto. Escludendo le oscillazioni di breve/medio periodo, il motore che attira forti investimenti è l’efficienza del mercato. Lo stato liberista si pone proprio questo obiettivo.Per quanto riguarda la possibilità di scegliere i gestori, ritengo eccessiva la tua fiducia nella democrazia. Al di là della legge elettrorale attuale, il sistema di votazioni corrente prevede una testa <-> un voto (e immagino non cambi durante i prossimi due secoli). Quindi i meno dotati intellettualmente possiedono maggiore potenza espressiva rispetto quella che gli sarebbe concesso in uno Stato liberista, in cui ipotizzo ci sia il medesimo sistema elettorale ma differente peso dello Stato nell’economia.
      • la concentrazione senza produzione di valore aggiunto era riferita solo all'esempio del gioco d'azzardo, non certo al sistema economico liberista. Mi sfugge però perchè il principio una testa un voto sarebbe peggio di quello una testa un gestore: ti confesso che mi pare valga proprio il contrario...
        • In sintesi, nel liberismo il potere statale nell’ordinaria amministrazione è maggiormente limitato. Potremmo equivalentemente affermare che l’attività di controllo (nel senso ampio del termine) dello Stato è minore di quella concessa nello statalismo. Se consideriamo l’attività dello Stato riflesso della volontà dei votanti, deduciamo che nel liberismo il voto assume minore incidenza rispetto al medesimo voto nello statalismo. Ciò perché il mercato prevede meccanismi di regolamentazione che potremmo definire interni, quindi lo stesso mercato diviene più autonomo e meno statalista. Comunque non vorrei aprire un altro capitolo di discussione e preferirei tornare alle questioni economiche. 
        • Anche sulla reale possibilità di essere un buon regolatore ed arbitro senza essere un attore ho delle perplessità (che nascono dalla mia esperienza personale): con quali capacità tecniche lo si potrebbe essere, se si è costretti a non essere delle partita?
Alla stessa stregua potrei citare altri settori dell’economia italiana in cui l’investitore italiano medio non brilla per avvedutezza. Vi siete mai chiesti quanti soldi si sarebbero potuti investire più utilmente acquistando l’equivalente non di marca (e spesso qualitativamente migliore) di uno dei troppi prodotti fighetti che vediamo in giro (voglio scatenare una guerra di religione: qual è il fatturato di Apple in Italia, per citare un unico marchio che poteva essere integralmente sostituito sul mercato da prodotti più performanti e di costo sostanzialmente inferiore)? 
  •  Questa considerazione e parzialmente la precedente conducono alla verità che l’italiano medio è un fesso. Credo che tu voglia condurre alla constatazione che l’immissione nel circuito economico nazionale sia privo di senso nell’ottica del benessere nazionale. E’ vero, ma non capisco la relazione con il liberismo. Mi spiego meglio fra due step.
  • Beh, dal mio punto di vista uscire dalla crisi significa aumentare il benessere nazionale. Resto abbastanza indifferente all'idea di un progresso economico che riguardi unicamente una esigua minoranza, sono contrario all'eventualità che ciò avvenga a scapito della maggioranza.
E trovo indicativo che esista un settore, quello pubblicitario, che fattura, presumo giustificatamene, 8,5 miliardi di € non per informarci delle qualità dei prodotti che presenta, ma prevalentemente per condizionare la razionalità delle scelte dei privati, come è sotto gli occhi di tutti, nel momento in cui si analizza i contenuti del 99% dei messaggi pubblicitari.
  • Leggi la considerazione precedente. Mi spiego meglio fra uno step.
Insomma, mi pare che l’assunto dei liberisti che vogliono i singoli investitori migliori dello Stato sia molto poco dimostrabile e, tutto sommato poco credibile.
  • Ok, questo e’ il punto, ma non secondo me.

    Da wikipedia riporto:
    Il liberismo [...] prevede la libera iniziativa [...] mentre l'intervento dello Stato nell’economia si limita al massimo alla costruzione di adeguate infrastrutture (strade, ferrovie, ponti, autostrade, tunnel, in certi casi perfino edifici etc.) che possano favorire il mercato.
    Inoltre,
    le imprese hanno interesse a colludere, che il profitto del monopolista si colloca più in alto del duopolio, seguito dall'oligopolio e dalla concorrenza monopolistica, mentre la concorrenza è associata ai profitti più bassi.
    E, anche se non riportato, nel liberismo è centrale la regolamentazione del mercato, sempre lasciata allo Stato, che deve esclusivamente vigilare per evitare collusioni nell’interesse del mercato stesso.
    • E qui subentrano due considerazioni: se l'investitore è meno capace i suoi profitti saranno inferiori-> la crisi quanto meno si protrarrà più a lungo, sempre che non peggiori. Inoltre per quanto mi consta, quanto scrivi non contrasta con la visione Keynesiana, ma con quella che vuole lo stato imprenditore, visione che personalmente non condivido nemmeno io, con l'eccezione dei servizi essenziali che lo stato ritiene di dover garantire (a scelta: sicurezza, sanità, previdenza, trasporti, ...)
Quello che invece è dimostrabile è che quegli stessi privati, ove dispongano dei liquidi, ne investono solo una parte nell’economia locale, e non sto parlando solo della tendenza a ridurre gli investimenti che porta nei periodi di crisi ad accaparrare beni rifugio invece che investire in attività produttive.
  • Gli investitori investono (scusami del pleonasmo) secondo i propri gusti. Questo meccanismo prevede premi assegnati all’efficienza. La legge del mercato prevede questo.
  • Lo so, ed ai fini della crescita economica italiana questo è un problema. Perchè gran parte delle risorse che gestirebbero i privati non verrebbero inserite in un circuito economico che porterebbe ad un aumento del benessere collettivo.
    • Non sono d’accordo. Più o meno irrazionalmente nel lungo periodo mediamente l’utenza riesce a soddisfare le proprie necessità crescenti (si legga acquisizione di stile di vita crescente). In un economia liberista i più capaci temporalmente si avvantaggeranno, i meno si accoderanno. Oltre ad essere un meccanismo meritocratico che non c’è nello statalismo, il benessere collettivo è teoricamente equivalente. Evidenzio teoricamente perché se consideriamo uno Stato con componente parassitaria non nulla, la collettività troverebbe giovamento dall’abbandonare lo statalismo verso il liberismo.
    • Assunzioni per concorso ed elezioni dei rappresentanti possono generare un sistema meritocratico, invece. Fallibile (ma non è infallibile nemmeno quello liberista), ma lo è. 
      • Non è in discussione che la meritocrazia sia un concetto trasversale aprioristicamente indipendente sia dal liberismo sia dallo statalismo. Purtroppo sostanzalmente non è così per un nostro demerito culturale. Come possiamo introdurlo? Io sostengo che, indipendentemente da quanto affermano singolarmente gli italiani, quasi nessuno sia disposto ad accettarlo. Sono sufficientemente sicuro che se passiamo al liberismo gli operatori economici si troveranno tutti nella necessità improvvisa di abbracciare il meccanismo meritocratico. E immagino che finalmente diverrà un valore socialmente condiviso.
      • Invece, per me, partendo dall'osservazione della realtà attuale, è più facile ipotizzare un trionfo del familismo, esattamente come sta già avvenendo nelle PMI. Per figli, mogli, amanti ed amici ci sono sempre meno problemi che per i meritevoli. Anche a danno dell'azienda.
        • Dal mio punto di vista (ed esperienza), il familismo e' correlato all'inefficienza (e' un eufemismo) degli enti a regime pubblico. In particolare, molte aziendine nascono, crescono e a volte prosperano grazie ai tanti accordi commerciali con il dirigente pubblico di turno. Quando cambia il dirigente, il piccolo/medio imprenditore cerca nuovi accordi e, eventualmente, passa alle pressioni politiche.
          Il liberismo taglierebbe le uscite improprie (o addirittura tali enti) con eliminazione di molte degenerazioni economiche tipicamente italiane.
          Sono certo che la struttura imprenditoriale nazionale sarebbe diversissima se il pubblico non fornisse periodicamente linfa al cattivo imprenditore.
        • Praticamente ogni piccolo - medio imprenditore italiano quando molla lascia l'azienda ai figli e tu mi dici che il familismo (e anche la meritocrazia in questo caso) è un problema degli enti pubblici? Suvvia: sono problemi ben più presenti (anche se meno sentiti) nel privato che nel pubblico, dove nessun dirigente può giungere a lasciare carica e titolarità a parenti ed amici, per quanto possa favorirli moltissimo... Il fatto è che, in qualche modo, siamo portati a pensare che l'azienda sia risultato del lavoro dell'imprenditore e che quindi costui abbia diritto di farci quello che vuole, dimenticando che invece c'è il frutto anche di tutti gli altri che ci hanno lavorato. Trovami, per esempio, quante bottegucce non passino di padre in figlio, senza avere rapporti d'affari con lo Stato che ne corromperebbe i morigerati costumi. E dimmene una che sia invece passata al dipendente che aveva dimostrato capacità organizzative / manageriali
    • E poi, ammesso e non concesso che ciò possa essere vero, mi stai proponendo una politica che potrebbe portarci fuori dalla crisi sul lungo periodo? Abbi pazienza, ma sono d’accordo con chi sostiene che sul lungo periodo saremo tutti morti :-): è una ricetta che non mi sembra particolarmente attraente, quand’anche funzionasse...
    • No, intendo che nel breve periodo gran parte della collettività non sa indirizzare la propria ricchezza. Essa è indirizzata da pulsioni irrazionali (ad esempio, acquisto di prodotti di scarso valore assoluto in rapporto al prezzo). E’ una condizione umana. E la politica non dimostra minore miopia. Ma nel lungo periodo l’uomo comprende i propri errori (anche se ne commette inevitabilemte di nuovi). Sostengo che i singoli punteranno più o meno rapidamente nella corretta direzione. Lo Stato meno rapidamente, e per una moltitudine di ragioni. Conservatorismo? Apparati statali non duttili? Posizione di rendita dei politici?
      • Io invece credo che sia molto più probabile attendersi un cambiamento di mentalità rapido da un gruppo scelto ristretto che da una massa sterminata. ed il passaggio dal governo di SB a quello Monti e dall'una all'altra modalità di gestire (o non gestire) i problemi mi pare lo dimostri.
      • Ovviamente il tempo con cui è possibile cambiare opinione è minore se il gruppo è ristretto. Questo è ovvio. Ma sostengo che le pressioni che hanno obbligato al cambio di Governo avrebbero determinato un cambio di rotta dei privati in tempo minore. Semplicemente perché essi sono più vicini alle logiche del medesimo mercato e conseguentemente sarebbero più sensibili alle sue indicazioni ed evidenze. Una evidenza del mercato si tradurrebbe più o meno immediatamente in una risposta del privato. Nel caso in esame, da quanto tempo il mercato segnala la necessità di risposte dal Governo, risposta statale che si è tradotta come cambio al vertice dopo quanto tempo?
        • Anche in questo mi pare che i fatti ti smentiscano: da quanti anni alle nostre PMI il mercato evidenzia la necessità di crescere di dimensione, di ridurre l'esposizione finanziaria, di investire in ricerca ed innovazione? Eppure stanno continuando a muoversi contro questa indicazione.
Sto parlando anche della crescente facilità di spostare capitali in ambiti sempre più lontani, in virtù di una globalizzazione che ha sposato altrove la maggior parte delle produzioni.
  • Ma questa argomentazione include il concetto di mercato globalizzato. Non voglio difenderlo, già si difende da solo :-) Il meccanismo non certo nuovo della globablizzazione premia la caratteristica di efficienza, determinando in primis la dinamicità delle idee e delle imprese. E’ precisamente in sintonia con il liberalismo, contro una logica statalista che premia la staticità e, solo lentamente, si accorge e si adegua agli sprechi che nel frattempo ha creato. E’ però probabile che mentre ne cancelli uno, ne crei un altro. Credo che sia una regola dell’economie stataliste :-)
    Abbi pazienza, in questo momento non mi pongo il problema di risolvere la crisi su scala mondiale, ma "solo"  su scala nazionale :-). E, per inciso, ci sarebbe molto da dire su come la globalizzazione abbia operato sinora, troppo spesso cercando opportunità di sfruttamento, piuttosto che maggior competitività...
Per cui, mentre un intervento statale volto al completamento della Salerno Reggio Calabria aprirebbe cantieri in Italia e darebbe all’Italia una infrastruttura funzionante, gli stessi soldi, lasciati ai privati, verrebbero inseriti in un circuito economico che interessa l’Italia solo in maniera molto parziale, come dimostrano i molti investitori che spostano i loro capitali in paesi in cui gli investimenti sono più redditizi.
  • Non concordo. Nella definizione di liberismo lo Stato ha comunque il compito di creare le infrastrutture che favorisca il mercato.  
  • Non è colpa mia se talvolta Keynes va d'accordo persino con voi liberistacci :-) Il fatto è che troppo spesso il liberismo attuale, giustificandosi dietro agli sprechi, vorrebbe che lo Stato faccia quello che le imprese non trovano conveniente fare, ma senza che possa tassare per questo... e men che meno accettano la regolazione statale, descritta inevitabilmente come abuso statalista.
    • Questa è una degenerazione culturale del mondo imprenditoriale. Quanto sarebbe bello introdurre il liberismo, così l’imprenditore cattivo di oggi non avrebbe la controparte per lamentasi. :-)
Ed il fenomeno è molto più diffuso di quanto si sia abituati a pensare: non si tratta solo di settori come il tessile o quello della scarpa che hanno disinvestito qui per investire all’estero, ma anche più diffusamente di piccoli risparmiatori che hanno messo più o meno consciamente i loro soldi nel fondo “Paesi emergenti”, oppure di me che digito su un portatile “Made in PRC”. Tutti esempi di soldi in gran parte sottratti al circuito economico italiano dai privati.
  • Vero, ma la ragione e’ nella ricerca di efficienza. Qualsiasi politica (ad esclusione del nazionalismo) non può evitare gli investimenti verso prodotti e servizi ritenuti attraenti dall’utente.
  • No, non è solo ricerca dell’efficienza: è anche un insieme di scarsa razionalità delle scelte, obiettivi diversi e spesso contrastanti che hanno gli investitori, perseguimento dell’interesse personale in luogo (o peggio in contrasto con ) di quello generale,... 
    • Non vorrei essere populista, ma questi concetti li puoi leggere anche nello statalismo. Aggiungo un breve concetto. In altra sede abbiamo discusso della difesa della posizione di rendita. In un economia puramente liberista, il parlamentare non ha posizioni di rendita. Ha estrema difficoltà a nominare l’amico in una commissione. Formalmente non potrebbe farlo. Non può costruire un aereoporto vicino casa. Non ha i fondi per farlo. Dovrebbe aumentare il prelievo fiscale o tagliare spese, ma riuscirebbe con molta difficoltà perché è controllato. Ed è controllato molto più facilmente per diverse ragioni, tra le quali la principale è la nuova forma mentis dell’elettore, del giornalista, della collettività.
    • Abbi pazienza, ma la nuova forma mentis dell'elettore mi ricorda certe utopistiche ipotesi sull'homo novus dei regimi comunisti. Non ci farei particolare affidamento fossi in te.

Mi pare quindi che non solo l’efficacia dei privati in funzione anti crisi non sia necessariamente superiore a quella dello Stato, ma anche che ci si debba aspettare che l’impatto che dobbiamo attenderci dai privati debba essere minore da quello che possiamo attenderci da un intervento Statale mirato.
  • Dal punto di vista teorico l’intervento statale potrebbe essere mirato con infinita precisione. Tutti sarebbero contenti. Ma nella pratica non è mai stato così. Il liberismo è la presa di coscienza di uno Stato sprecone che può essere scavalcato tramite il meccanismo di menti indipendenti ognuna che opera nel sistema-mercato. Non si avrà mai un ottimo né un efficienza totale (menti indipendenti), ma non conosco meccanismi migliori.
    Sento una terribile puzza di mano invisibile, e mi hanno già dimostrato matematicamente che non esiste ( thanks, Mr. Nash)...:-) 
    •  Attenzione, molta attenzione! Non mi offendere, ti ricordo che non sono un economista!! :-) (è per quello che cito un matematico! :-))  In ogni caso non ho mai parlato di mano invisibile (leggo provvidenza), né soprattutto di equilibri e ottimi. Anzi, quest’ultimo l’ho esplicitamente escluso.
  •  Il liberismo mi pare continui a vivere dell’assunto a mio avviso fideistico che le risorse gestite dal singolo privato garantiscano un benessere generalizzato maggiore di quello che si otterrebbe affidando quelle stesse risorse ad uno Stato che sappiamo essere molto spesso un gestore sprecone e poco capace. Il fatto è che, come minimamente i dati che cito (non la teoria o la fede) dimostrano, a ben vedere anche dei singoli privati possiamo dire che sono dei gestori spreconi e poco efficaci. Se lo siano più o meno è tutto da dimostrare.
    • Un’economia fondata sul liberismo in Italia non si avrà nel medio periodo, quindi almeno da noi sul liberismo possiamo solo ragionare. Per quanto riguarda i dati concreti e gli effetti visibili, di economie più o meno liberiste ce ne sono già. Il mondo anglosassone insegna: USA e Inghilterra, anche se con componente liberista differente. 
    Ma poichè, come correttamente affermi, il punto è far ripartire l’economia italiana e non quella mondiale, oltre che garantire il migliore dei gestori delle risorse, avrò bisogno di far sì che le risorse che in qualche modo raccolgo rimangano nel sistema economico italiano e vengano utilizzate per promuovere lo sviluppo, cosa che, anche qui faccio un po’ di esempi, la gestione dei privati non garantisce affatto, anzi, a differenza di quanto può fare lo Stato.
    • Ho già scritto prima il motivo per cui non considero che gli investimenti dello Stato siano migliori di quello dei privati. Per quanto riguarda la ripartenza dell’economia italiana credo che dovremmo con attenzione guardare l’estero, sia per acquisire tecnologia sia per decrementare le uscite verso l’estero. Il saldo della bilancia commerciale (si legga esportazioni meno importazioni) è una componente della ricchezza nazionale che sta acquisendo sempre maggior peso, e nel nostro caso i numeri indicano passività da diversi anni ed il trend non ci sorride. La competività è l’unica ricetta, ma essa è correlata con la meritocrazia, e sopra ho indicato come quest’ultima è fortemente presente in uno stato liberista.
    Sino a qualche tempo fa i liberisti basavano gran parte della loro credibilità sull’evidenza del fatto che gli Stati ad economia di stampo liberista stavano normalmente meglio di quelli ad economia regolata. L’URSS era l’argomento migliore che un liberista poteva avere. Argomento che però è molto in crisi ultimamente, dopo che, tolti embarghi e blocchi, economie regolate stanno decollando con ritmi di crescita vertiginosi, mentre si scopre che gran parte della vantata ricchezza degli Stati liberisti è minata da debiti statali e/o occultati nel sistema bancario e finanziario.     
    • L’analisi prospettata è solo parziale. Anche se ritengo sia molto complesso, proverò a sintetizzare con evidenti approssimazioni.
      In una visione globalizzata, con l’apertura dell’economie regolate, queste cercano di migliorare la propria condizione ispirandosi ai primi della classe[1]. Questa è la regole del gioco. La domanda importante da porsi è la seguente: li raggiungerenno?
      Non c’è una risposta che possa essere data in assoluto, le regole dell’economia sono caotiche da lasciare pochissimo spazio alle previsioni globali a lungo termine. Personalmente non mi azzardo a promuovere risposte, ma se mi è concessa una mia sensazione (gli indizi da me captati mi indirizzano verso questa valutazione), ipotizzo realisticamente che le “nuove” realtà economiche, oltre ad acquisire la tecnologia, acquisteranno valori culturali dello Stato storicamente avanzato, Stato liberista. Lo sintetizzerei come “contagio di cultura liberista” o, in alternativa, aumento del bacino liberista.
      Inoltre, c’è un’importante osservazione che mi preme riportare. Come valutare la perdita storica della collettività nello Stato statalista? Chi risarcirà gli utenti intelligenti dell’economia liberale che avrebbero potuto esprimere (e guadagnare) in un ambiente ed economia liberali, acquisendo così un tenore di vita migliore?
      Per rispondere all’osservazione relativa al debito statale, suggerirei che il problema è indotto dallo Stato. Più in dettaglio, considero la miopia dello Stato liberista equivalente alla degenerazione nello statalista. Semplicemente lo Stato in entrambi preferisce posticipare le decisioni che nel breve sfavorirebbero la collettività.
      Prendiamo il caso degli USA. Gli indizi di riassorbimento della crisi nata nel 2007/2008 già ci sono. Per essere sinceri si stanno anche ripetendo alcuni meccanismi che hanno permesso di celare i debiti nel sistema bancario/finanziario. Il debito pubblico è altissimo. Entrambe queste condizioni sono perpetuate perché nel primo caso le regolamentazioni bancarie e finanziarie non sono adeguate, nel secondo non si vuole alzare il prelievo fiscale. Ripeto è un problema causato dallo Stato, governato da uomini che vedono solo nel breve periodo.
      Non è possibile ipotizzare una valutazione realistica di quale sia il valore aggiunto derivante dal drogaggio dell’economia dalla creazione e occultamento di debito. L’unica valutazione possibile è storica e l’ho già proposta sopra: quanto ha guadagnato finora la collettività sia in senso economico sia in senso tecnologico in uno Stato liberista rispetto quello statalista?

      Nota:
      [1] -> anche se non è essenziale, credo sia utile osservare che una componente importante è la tecnologia creata dai primi della classe. Non sto affermando in alcun modo che le economie avanzate promuovano buonismo, è semplicemente un’osservazione delle regole del mercato. Ci sono opportunità in un mercato estero? Si va.

Spero di aver rispettato la cronologia e che possiate godervi lo scambio di opinioni come me lo sono goduto io.
A già, dimenticavo: mi autoproclamo vincitore del confronto per 2 - 0 :-) (lo ammetto, l'arbitraggio è stato molto casalingo :-)

Comunque ancora infinite grazie a MS per la collaborazione e la pazienza
 
Ciao

Paolo

10 commenti:

B ha detto...

Questo post lo usano a Guantanamo sui talebani ;)

PaoloVE ha detto...

@ B:

solo su quelli che hanno resistito al water boarding.

E li rende ancora più cattivi ed integralisti.

:-)

Ciao

Paolo

F®Ømß°£ ha detto...

Il padre di tutti i post!

Ciao

T.

x ha detto...

Bravi!
Un post pedagogico da conservare e rileggere.

Peccato pero' che mentre si stia a filosofeggiare.... la realtà là fuori sia tremenda.
Tensioni sociali.... esasperazione.... sono convinta che presto ci saranno esplosioni di rabbia vera.

MS ha detto...

Veramente l'unica cosa con cui non sono d'accordo con Paolo (a leggere bene piu' d'una :-) ) e' la lettura statalista della partita.
La partita e' stata combattuta ma l'ho decisamente spuntata risultando vincente 0 - 1 fuori casa.

Saluti,
MS

PaoloVE ha detto...

@ MS:

Maddai, eri in fuorigioco di tanto così in quell'azione...

:-)

Ciao

Paolo

Pale ha detto...

Bel post, anche se la partita si e' combattuta quasi sempre a centrocampo! ;)

Io capisco entrambe le parti, interpretate ottimamente dai cari Paolo e MS, ma nel solo caso italiano, mi considero piu' liberista che altro per il semplice fatto che non ho alcuna fiducia nel fatto che la spesa pubblica possa venire riorganizzata ed incrementata in maniera organica in un clima culturale adatto a comportamenti parassitari.
D'altra parte, come dicevo ieri, non si puo' affamare la Bestia perche' se da una parte la macchina pubblica e' sprecona, lo Stato siamo noi, e mi sa che tanti di noi siano gia' affamati.

I tagli lineari mi fanno orrore, cosi' come un aumento della spesa pubblica se non affiancato ad una serie di riforme rivoluzionarie che non si ha mai avuto il coraggio di fare.

In pratica, sono convinto che sia necessario lavorare sull'efficienza, definita come rapport fra lavoro e costo. Se non si e' in grado di abbassare i costi, e' necessario aumentare il lavoro. Questo vuol dire lavorare di piu'!

L'Italia e' una barca che ha iniziato ad imbarcare acqua anni fa e che solo adesso si rende conto che sta affondando. Se da una parte dobbiamo cercare di chiudere le falle, dall'altra dobbiamo buttare un po' del carico in mare. MI sembra giunto il momento di decidere cosa dobbiamo salvare del carico. Stabilire delle priorita' per la crescita.

Se voglio correre i 100 metri in 10 secondi ma peso 100 kg, la prima cosa da fare e' perdere la pancia e poi rafforzare i muscoli utili alla corsa. Sviluppare i muscoli delle dita delle mani non mi sembra la strategia migliore per raggioungere l'obiettivo, nonostante anche questi muscoli siano importanti.

Concludo questo pistolotto con una considerazione di natura vagamente matematica, prendendo spunto dal post (non essendo economista potrei pero' dire cavolate). In un mondo globalizzato, pensare al sistema Italia come unico player del benessere del cittadino italiano e' una sciocchezza sesquipedale. In un approccio Stato-centrico, si prendono decisioni puntando sempre verso l'ottimo assoluto, scordandosi che calcolare gli effetti delle scelte di altri paesi cambiano in pratica il risultato delle proprie decisioni.
In uno liberista, invece, si lasciano gli individui liberi di giocare con poche regole chiare ben sapendo che l'ottimo cui si tendera' naturalmente non sara' quello assoluto, ma quello di Pareto, che e' un punto di equilibrio "minore". Cio' pero' consente di essere piu' resistenti riguardo agli agenti esterni rappresentati dalle scelte degli altri paesi.Sto dicendo che quindi uno stato liberista e' meglio? No, non in principio. Pero' credo che l'Italia in questo momento abbia bisogno di scelte tese a contenere la spesa corrente e di fare una serie di riforme liberali che ci possano rendere piu' agili in questo mare tempestoso.

Spero si sia capito qualcosa...

Pale

PaoloVE ha detto...

@ pale:

perchè uno Stato dovrebbe essere meno capace di una massa indistinta di avere contezza di cosa significhi "mercato globale"? Ribadisco: in sistemi democratici "normali" la classe politica è almeno leggermente migliore dei suoi elettori. Siamo noi italiani ad essercene scelta una di livello così infimo. E pretenderemmo di saperci comportare meglio di lei davanti a problemi complessi.

Io trovo questa speranza / convinzione assolutamente irragionevole.

Ciao

Paolo

Fabio Giampaoli ha detto...

Keynes vs Liberisti è un falso problema come quello che c'è in Italia tra destra e sinistra.

Tutto dipende dal contesto di riferimento. Tutto come al solito ma non dico niente di nuovo, è RELATIVO.

Alla fine la differenza la fa sempre il fatto che ci siano leader più o meno Illuminati, sono questi, che capiscono quando ci vuole più una cosa rispetto ad un'altra e come attuare la scelta.
Metti un genio politico a capo di un soviet o del gruppo bildeberg e in entrambi i casi questo porterà i suoi sudditi, liberi cittadini, servi della gleba, compagni, camerata, telespettaori ecc....
verso un qualcosa di migliore.
Se chi comanda il sistema (duce, parlamento con 100000 deputati, o la spectre) è un coglione l'effetto sarà ovviamente opposto.


Più stato o Più mercato? Dipende! In Italia da sempre, per lo meno dal Fascismo fino ad oggi abbiamo sempre puntato sulla rotta del più stato, per 40 anni è andata bene?, Ok benissimo...... Ora va bene?....... No! per nulla, e quale è ora il nostro problema che più ci assilla? Guarda caso la risultante classica del più stato, ovvero: Il Grande debito pubblico. Bene per i prossimi 10 anni almeno nel nostro caso dobbiamo solo provare il più mercato. A me personalmente che sono agnostico sempre su tutto, non mi pare ci siano altre alternative.

PaoloVE ha detto...

@ Fabio:

concordo con te sul fatto che la scelta vada contestualizzata (infatti ho cercato il più possibile di mantenere il focus sull'Italia in crisi di oggi) e sul fatto che sarebbe .

Dissento invece sul fatto che i confronti destra / sinistra o Keynesiani / liberisti siano falsi problemi e sul fatto che il cambiare sia comunque un valore aggiunto: lo è quando ti fa migliorare, e non sempre è così, come l'enorme novità Berlusconi (nel 1994) testimonia oggi.

Ciao

Paolo